tontolini va in olanda

Di come l'eroe della commedia italiana del cinema muto finisce per caso tra i canali e le piattezze dei Paesi Bassi e fra mille peripezie ne combina delle belle pur di tornare dalla sua amata, nella bella Italia dell'arte.

lunedì, giugno 02, 2008

COCK CO. BELL LOW

Uno stupidissimo blog domenicale rende sempre felici. Per cui, prima di andare a giocare a ping pong, o tishtennis, come lo chiamano in Ausonia, lascio qui un breve, sporadico, succosissimo epitaffio, anche per segnalare il mio ritorno su questo blog, dopo diversi mesi di assenza non-forzata. Non sono più in olanda, tontolini è rimasto lì, per cui, per dovere di buon italico, mi devo segnalare come un patriottico mafioso provincialotto terruncello magnaspaghetti inaffidabile donnaiolo pappone sfaccendato sbruffone stiloso pensinsulare marittimo. Ma oggi mi lascio andare ad una buona difesa del suolo natio: per quanto belloccia sia la terra asburgica oltralpina, la libertà conquistata sulle rive mediterranee non ha pari: anche qui, ahimé, la sanità (seppur pubblica) si paga a parte. Il megamodello assicurativo protoprivatista ha preso piede irretendo le istituzioni statali. Qui si paga una (salata) iscrizione al servizio sanitario locale. Se ti vuoi far curare dai dottori dello stato, devi dare, mi are di aver capito, circa 2000 euro all'anno. Se non lavori non sei assicurato, o meglio iscritto, e te la prendi nel culo. Io che sono Italiano (anzi ITALIANO), invece, posso fare il cazzo che mi pare e fare le corna ai lentissimi automobilisti austriaci, mentre con estrema indifferenza li sorpasso con la mia bonnie. E soprattutto posso farmi curare ovunque, dato che la sanità pubblica italiana mi copre le spese sanitarie all'estero. Quindi, per oggi, viva l'ITALIA!

martedì, aprile 01, 2008

COROLLARIO

Di tutto l'orrore di cui si potrebbe parlare non c'è bisogno di dire una parola in più. C'è chi farebbe eco ad un volo di zanzara, fino a renderlo lo stridere di un falco. Un amore finito non ha speranza, non ha ragioni e si nutre del presente, rubando da esso energie per alimentare un passato ormai estinto, defunto. L'estasi del sesso, l'esotismo di un viaggio, la purezza di un gesto, la forma delle natiche, il colore sincero degli occhi, la forza di una parola, la quiete di una passeggiata, la consistenza dei capelli, l'assoluto del profumo della pelle, il suono della voce, la perfezione di un bacio e tutta la bellezza dei momenti vissuti, per quanto irripetibili, non varrà mai nemmeno un milionesimo di quello che ora e qui sta scorrendo nelle mie membra, del mio sangue e del mio essere vivo, bestia umana (o fracchianamente belva umana). Il dolore proviene dal fatto che lei, ormai nemmeno più un nome, è già di un altro, un altro uomo o un altro sogno conta poco e forse è la stessa cosa. Ma è un dolore leggero, come quello di un passo controtempo in corsa. É dettato dalla sorpresa, in effetti, di trovarsi in una condizione decisamente inattesa, inaspettata. Si fa presto a lasciare un tempo di incertezze per rincorrere nuove strade, quando non rimane nulla per cui lottare. Rimangono due sconosciuti, che non si cercano più, o che, se si cercano, lo fanno con la pretesa di sapere qualcosa, con il conto da pagare, o con una supplica da codardo. Nulla è più come prima e tutto è rimasto uguale. Gli stessi bambini di sempre giocano a fare i grandi. Il futuro adesso non conta più nulla, se non altro nella prospettiva del giorno prima. Lei, quella in cui erano riposte fiducia e speranze, non esiste più e forse non è mai esistita. Un sogno, un'illusione dettata dal delirio di un sole cocente, accecante, ma di effimera durata. Restava il tormento per una passeggiata affrontata con un bagaglio troppo pesante di sogni, certezze, desideri. Il peso di tutte le belle sensazioni di un tempo, di quel dolce fardello di responsabilità ed ideali, che ormai sembra inutile continuare a tirarsi dietro. Mi sono detto, tempo fa: “mille donne non valgono la bellezza di un giorno senza responsabilità, senza l'assillo del futuro incombente, ma forse una sola sì.” Delirio monoteistico da prete scomunicato. Amare e progettare non hanno nulla in comune.
Mi chiedo, con il cuore pieno di nero, cosa sia cambiato per me, ora che il futuro è un crocevia di svolte obbligate, di “se” e di “ma”. E mi rispondo “nulla”. Sono sempre e da sempre lo stesso emigrante, che tenta di scampare al proprio destino inconsapevolmente, solo per inseguire ancora un giorno una libertà più lontana di un altro pianeta. Sono ancora in viaggio, come sempre. E si tratta solo e sempre di incontri fortuiti, fra una stazione e l'altra. Incontri di una bellezza estenuante a volte. Spesso destinati a restare solo momenti fra una tappa e l'altra, giusto per farsi compagnia, spesso attesi, spesso deludenti, alle volte magici e sorprendenti, quasi sempre alieni o strani. Ero un viaggiatore anche prima di partire, mentre aspettavo un treno col mio biglietto in mano. Alle volte il proprio compagno di viaggio è così speciale che ci si dimentica di scendere. Si pensa di essere ormai arrivati, di poter scambiare i biglietti. E tuttora mi scontro con la mia leggerezza di personaggio, con i miei frammenti passati di quotidianità, di debiti materiali e non. Mi ostino a pagare per un passato che, in fondo, non mi è mai appartenuto. C'è qualcuno che ne raccoglie sempre le briciole, i resti, i cocci e che si infonde coraggio vivendone gli scampoli esenti da quell'unità e quell'unicità che a stento io sono arrivato a contemplare. Al di là della mia presunzione vana, quello che conta è il tempo, che ha i suoi tempi. Li si può pure violare, ma senza stile ogni violazione è un banale furto. Domani, forse, torneranno a pesare quei rassicuranti fardelli di un'onestà pretesa, di una fedeltà scontata, di una scelta coerente, ma oggi, ora, voglio vivere la leggerezza di un Ti con zero di un tramonto senz'alba, anzi senza notte. La forza di un momento, di un minuto sincero con una sconosciuta resterà sempre più forte di mille giorni di finzione con “la donna della mia vita”. Dei concetti umanizzanti di questa civiltà mi rimane ben poco e quasi nulla di ciò che chiamavo “amore”. Restano i miei momenti vissuti con quella donna sconosciuta, ignota, che già è tornata ad essere tale, che forse non è mai stata altro che tale. Illudersi di conoscere e di sapere è umano ed è forse il più grande errore che si possa fare su questa terra. A volte costa persino la vita.
Mi sono illuso di conoscere, di sapere chi sono, di avere certezze su di me. Così ho scambiato parte del mio essere con l'avere qualcosa, per quanto ideale ed effimero, o qualcuno, per quanto captivo (o cattivo). Ora sono me stesso senza dover rendere conto. Ora quello che posso conta poco rispetto a ciò che voglio, rispetto al “momento giusto”. E di momenti giusti ce ne sono molti, forse troppi. Un corpo di donna è solo un ammasso di sangue e cellule vive, tanto quanto il mio sesso, il mio cuore, le mie mani, ma il loro fluire nel tempo e nello spazio determina ogni concetto, ogni realtà. Siamo e resteremo ruderi e frammenti di cose più grandi di noi. Come tali ne ribadiamo l'esistenza senza neppure conoscerne il perché, senza mai eguagliarne la qualità, sempre ridotti ad uno scarto numerico, alle nostre quantità. Remiamo contro o a favore sospinti da forze di cui solo a tratti possiamo essere consapevoli. Testardi od arrendevoli, l'unica vera ostinazione è quella a vivere, a ritmi sempre diversi da quelli che conosciamo. Ma la novità di un battito simultaneo è unica, speciale, mistica. Non servono spiegazioni per quello. Chi l'ha vissuta ne conosce il senso profondo. Non è una folgorazione, piuttosto il lento risveglio da un sogno che sembrava fin troppo reale, forse in treno. In anni di amore, di vita, momenti così me ne restano pochi, e ne ricordo ancor meno. E non ne ho compreso nessuno. La presunzione di capire è per coloro che non hanno mai amato. Io continuo a danzare di nascosto, sospinto dalla corrente di ciò che di selvatico rimane, dal meglio che deve ancora venire. Presto! A me un altro ritmo, un altro corso, un altro corpo, per poter godere di incantesimi, spari e petardi. Il mio viaggio mai finito ricomincia. C'è chi sale e c'è chi scende. Gli altri sono una festa, una sorpresa, un sogno, un amore, una lite, una fuga. Gli altri sono tutto e sono tanti. E non c'è tempo per stare fermi, che fuori non è mai lo stesso. Perciò sono capace di perdonare, odiando, di amare, vendicandomi. Perciò, soprattutto, sono capace di lasciar stare, di lasciar andare e di guardare fuori. Viaggiare richiede grande equilibrio e difficilmente si rimane soli, anche quando si sceglie di restare in disparte. In fondo è difficile amare altro che se stessi, ma è facile dare di se ciò che si ama.

venerdì, agosto 24, 2007

IO SONO COMUNISTA


Torno a scrivere un brevissimo post su questo blog ormai avviatosi alla sua fine. Altri forse verranno. Il motivo per cui scrivo qui è semplice. Semplicissimo. Banale. Ribadire un concetto legato alla mia identità. Io sono comunsita e lo sono senza mettere da parte la mia commozione per la militanza socialista. Sono comunista, sì. Il perchè non lo so. Come ci sono arrivato non è semplice capirlo per me, che sono vittima di me stesso. Se è una malattia, l'ho presa da piccolo, quando si sono manifestati i primi segni di insofferenza verso il concetto ecumenico di Dio. Se è un'esperienza, essa mi ha fatto durante i miei anni di preticantato con i peli pubici e si è cercata una strada come acqua sorgiva fra i limacciosi solchi delle mie passioni giovanili, fino a divenire un fiume calmo e navigabile. Se è un'idea, non è mia, e come molte idee non mie è comoda e confortevole nella sua incredibile ristrettezza di culla. Se è un sogno, allora non voglio dormire. SVEGLIA! Risuonava fra i bolscevichi all'alba della rivoluzione d'ottobre, quando tutto sembrava perduto, nella notte delle libertà e delle democrazie, nel buio pesto della schiavitù e del pensiero morto. Io sono comunista, e quello che gridano le mie viscere è di scuotermi da questo torpore del pensiero, di liberarmi dalla coperta dei turbamenti e di non inseguire una vita che è un ansimo nelle pieghe di un sogno. Io voglio vivere, e voglio bere alla salute del socialismo, l'acqua che sgorga dalle fonti di questa società. A pieni polmoni voglio respirare il cancro di questo mondo e goderne, perchè è l'unica vita che ci sia dato di vivere. E non cercherò scampo dal veleno in purezze e finzioni sterilizzate, nè nel passo suadente della decadenza, del terrore di morire. Non ho paura di morire! E non perchè un ideale ha sostituito il terrore di una vita vana, ma perchè è l'unico modo di vivere, di scegliere vita e calore, di amare al cuore del mondo. Io berrò alla salute dei sistemi e degli uomini socialisti, poichè sono gli unici possibili, poichè sono gli unici sostenibili, poichè sono gli unici. Non esiste alternativa a questo mondo, come non esiste alternativa all'essere umani. Chi cerca altro non è. Chi cerca altro singhiozza ed implora il perdono per essere venuto al mondo. Chi cerca sollievo nella vita e un rifugio, copre le sue oscenità di basilisco con le lenzuola della santità e dell'innocenza. Come un bambino, si allieta di sogni e si assenta dal mondo. Non c'è. Soffrire per amare, la vita, la lotta, la passione ed il corpo, che è pezzo di mondo. Dunque sveglia, e che si vada incontro al mondo nudi, che si entri nel cuore pulsante dei nostri antenati, così come essi ce lo hanno lasciato, senza odiarli e senza biasimarli, perchè si continui a vivere pienamente, a tutti i costi. Che io marcisca, per ridare torba alla terra assetata!

sabato, giugno 09, 2007

UN NUOVO DISPERATO APPELLO

Ecco un nuovo disperato appello del vostro. Portatemi via da questa città vi prego! Soffro di malinconia Italica. Voglio andare al mare, voglio fare cose molto noiose. Molto molto noiose per favore. Salvatemi. Non voglio più parlare inglese. Mi sono rotto il cazzo di essere circondato da creature più alte di me, bionde, con gli occhi grigi e che non parlano la mia lingua. Sono nano e incazzato. Ora va a finire che mi metteranno anche a lavorare in un cesso di archivio a vedere quanto puzzano di aceto le pellicole. Che palle. Datemi un colpo in testa vi prego. Mandatemi un pacco bomba. Fatemi dormire un mesetto. Devo anche scrivere una tesi. Io mi sono rotto i coglioni di fare lo studente. Ho 30 anni quasi e sto ancora a studiare. Ma non mi sembra il caso... Trovatemi un lavoro vi prego. Qui non posso restare. Non sono capace di imparare l'olandese. Mi fa schifo. Se mi mandate un killer ve lo pago io, giuro!

Fate presto! FATE PRESTO! AIUTO!






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lunedì, marzo 12, 2007

IL POPOLO SENZA PRANZO

Quello che mi rompe davvero i coglioni è il fatto che questa gente non concepisce il pranzo. Domani per esempio devo andare a lavorare di mattina ad un progetto di finecorso e poi devo prendere un treno che mi porti in 40 minuti alla lezione in un paese lontano lontano che si chiama Hilversum. Solo che, ovviamente non ho il tempo di pranzare. Magnati un panino, direte voi. In effetti qui fanno tutti così, quindi mi sembra la cosa più giusta da fare (tanto più che le mense sparse ovunque sono tutt'altro che care). Ma quando, qualche mese fa mi sono presentato a mensa con un piatto di pasta, una mia compagna di corso mi ha detto ridendo: "I know that you'd take a hot dish." O cazzo! E che vuol dire? Un piatto di pasta a pranzo è meno dell'ovvio. NO! Non è vero, perchè gli olandesi non mangiano piatti caldi a pranzo. Insalata, pane, panino. E poi si prendono un bel cappuccino. Poi dicono che la dieta mediterranea è la migliore... a me sembra che questa non sia proprio una dieta.
Vabè. Metto un . alle lamentele, perchè c'è qualcosa di più interessante di cui parlare. Per tutti gli anglofoni suggerisco di clikkare il titolo, che rimanda al sito web del progetto per gli archivi digitali di internet. Ci si trova davvero di tutto. Musica, film, collezioni di farfalle e permessi di soggiorno. Or ora mi accingo a leggere il testo correlato e alquanto disturbato di vari teorici del settore, che si chiedono come fare a pianificare in chiave istituzionale la conservazione ed archiviazione a fini storico-culturali di quello che compare su internet. Fin'ora il dilemma più grande sembra essere quello della selezione e della cernita. Non si fa in tempo a decidere se un sito è da salvare che ne compaiono altri 10.000. Poi ovviamente c'è il problema di YouTube e vari altri A/V webarchivi. Videogames on line (tipo Second Life) eccetera eccetera eccetera. Non c'è spazio negli archivi del mondo per salvare neppure un decimo di tutta sta roba. La seconda teoria prevede che internet sia già un archivio, autoselettivo ed autogestito, ma mi sembra sinceramente una cazzata. Quindi giro la domanda a chiunque abbia un minimo di curiosità e vi invito a pensare, anche solo per un istante, al problema. Provate anche voi a scegliere 10 siti web da salvare dei 100 che avete fra i bookmark. Quali sono?
Io un'idea ce l'ho. A parte, ovviamente il sito web di CL.
Nella prossima puntata, due parole sulla dittatura clericale in Italia. Ciao amori!

domenica, marzo 11, 2007

NO BODY KNOWS

Un tempo al grido di "Il cavallo e moana, moana è il cavallo" il mondo si sbizzarriva alla ricerca della felicità sessuale. Oggi pare un po' diverso: è la felicità sessuale che si prodiga alla ricerca del mondo, che sembra essere letteralmente sparito sotto i colpi di sole di una primavera in anticipo e di un autunno ritardato. Colpa del riscaldamento globale dicono. Colpa dell'eccesso di deca danza di cui siamo tutti partecipi, in un modo o nell'altro. Non c'è di che lamentarsi in fondo. Altri 20 anni di festa sono più che sufficenti per poter dare libero sfogo alla follia che ormai alberga nei corpi universali e nei corpi "privati". Nessuno sa come andrà. Nobody knows. But, no! Body knows! Il corpo sa perfettamente cosa sta succedendo, come sta cambiando il suo rapporto con il mondo esterno e quanto è dura l'asta che regge il vessillo della gloria che si trascina dietro, che ci trascina avanti. I segnali sono chiari e distinti, ma talmente macroscopici che la mente non fa in tempo ad interpretarli ed involve secondo una notissima teoria underground Darwiniana. Il progresso non può essere fermato e bisogna essere ottimisti. Allora io sono ottimista fino in fondo: il mondo dominato dalle macchine sarà un mondo meraviglioso. Il dominio della matematica e del calcolo glaciale sul lavoro umano. Non potrei mai aspirare a nulla di meglio. Tutto quello che è creatività è altrove, in fondo. Matrix è un film fascista e reazionario, pessimista e cazzone. Il dominio delle macchine non potrà far altro che migliorare il nostro stile di vita, come sempre il progresso ha fatto.
Per quel che riguarda il corpo, invece, il corpo inviolabile, sede dell'anima e frutto della volontà divina, è ora che si dia una svegliata e combatta in questo tempo, per reagire alle sferzate dalla schiavitù della mente, ma per me va bene anche il contrario.
Film sugge: Avete visto "Il Profumo"? Bhe se non l'avete ancora visto allora siete fortunati. Il libro, che ho letto un paio di volte mi è rimasto proprio sul cazzo, ma se non altro è scritto abbastanza bene. Ma il film, fatta eccezione per le scenografie, non arriva neppure a lasciar trasparire le scelte sintattiche di Suskind. Lasciatelo perdere.
Un ottimo film è invece "Little Children". Emozionante e ben fatto. Le 2 ore e più di film scorrono con grande facilità e ogni singolo secondo vale la spesa del biglietto.
Baci.

mercoledì, gennaio 24, 2007

LA MOR TE

Volendo cambiare il mondo propongo il suicidio di massa. Chi vuole aderire mi faccia sapere.